Nella seguente tabella confrontiamo la decisione di lasciare il TFR in azienda con la scelta di destinarlo ad un Fondo pensione, ipotizzando un tasso di inflazione del 4% (la rivalutazione del 4,5% è data quindi dal 1,5%+75% del 4% ed è a carico del datore di lavoro).
Il contributo del datore di lavoro e il contributo del dipendente cambiano in base al Fondo negoziale al quale si aderisce. Le % riportate in tabella fanno riferimento al Fondo di categoria Fon.te per i dipendenti del settore terziario del CCNL TERZIARIO DISTRIBUZIONE E SERVIZI
È difficile (o quasi impossibile) stabilire a priori a quanto ammonta la rivalutazione del Fondo TFR o quanto ha reso il Fondo pensione all'età del pensionamento, tanto che nella tabella soprastante abbiamo fatto delle ipotesi (inflazione al 4% e rendimento 4,8%). Tendenzialmente il tasso di rivalutazione è più basso rispetto ai potenziali rendimenti degli investimenti, ma i rendimenti possono aumentare o diminuire a seconda dell'andamento dei mercati. Se il tasso d'inflazione è elevato il dipendente ha un minore interesse nel spostare il suo TFR sul Fondo pensione, ma spostandosi nel Fondo può apportare dei contributi aggiuntivi e ottenere il contributo da parte del datore di lavoro che non fanno altro che aumentare il capitale accantonato.
Pertanto, la scelta del dipendente non può basarsi sulla rivalutazione o sui rendimenti ma deve basarsi sull'orizzonte temporale che ha a disposizione.
In particolare, se il dipendente ha intenzione di utilizzare il TFR accantonato per le più svariate ragioni (acquisto dell'auto, pagamento dell'università ai figli, acquisto seconda casa, grandi spese...) è bene che lo lasci in azienda per poterlo prelevare anticipatamente [1] mentre il Fondo pensione concede anticipazioni solo per determinate situazioni emergenziali riportate nel D.lgs.252/2005 art.11 comma 7 (acquisto prima casa, grandi spese mediche, ulteriori esigenze fino al 30% del capitale accantonato...) [2]
Al contrario, se il dipendente ha intenzione di utilizzare il TFR per quando sarà in pensione, gli conviene usare lo strumento della previdenza complementare. Il fondo di previdenza infatti nasce necessariamente per un orizzonte temporale lungo (si accantona oggi per usufruirne domani quando ne avrò più bisogno). Qualora possibile è consigliato di sfruttare annualmente la massima deducibilità annua di € 5.164,57.
[1] L'articolo 2120 cc all'ultimo comma dispone che "condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali" per l'anticipazione del TFR rispetto alle casistiche previste dalla normativa. Quindi con l’accordo del datore di lavoro, l’anticipazione può essere concessa per altre ragioni quali – per esempio – l’acquisto di un’auto o di una casa per le vacanze. Inoltre, se il dipendente ne fa richiesta, il datore di lavoro può, a propria discrezione, concedere anche due o più anticipazioni del TFR. Si tratta, però, di una concessione del datore e non di un diritto del dipendente.
[2] Gli aderenti alle forme pensionistiche complementari possono richiedere un’anticipazione della posizione individuale maturata:
a) in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75 per cento, per spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, è applicata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali;
b) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75 per cento, per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile, o per la realizzazione degli interventi di cui alle lettere a), b), c), e d) del comma 1 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente alla prima casa di abitazione, documentati come previsto dalla normativa stabilita ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento;
c) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30 per cento, per ulteriori esigenze degli aderenti. Sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento;