Welfare aziendale per amministratori
Relativamente alla possibilità di considerare gli Amministratori quale categoria a cui erogare welfare aziendale, l’interpello n. 954-1417/2016 ha fatto chiarezza evidenziando la necessità di coesistenza dei seguenti requisiti:
- Devono percepire redditi assimilati a quelli di lavoro dipendenti [1] (es: emolumento amministratori, che non siano professionisti con Partita Iva);
- È necessaria la presenza di un Consiglio di Amministrazione.
È quindi esclusa la possibile fruizione per amministratori unici.
Le disposizioni che interessano il welfare aziendale interessano anche gli amministratori che percepiscono compensi qualificabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Con la risposta ad interpello 25 gennaio 2019, n.10 L'Agenzia delle Entrate precisa che «l'articolo 52 del Tuir, disciplinante la determinazione del "reddito assimilato a quello di lavoro dipendente", al comma 1, dispone che: "Ai fini della determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente si applicano le disposizioni dell'articolo 48".
Analogamente la risposta ad interpello 13 dicembre 2019, n. 522 precisa che «ai fini della determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 51 del Tuir relative alla determinazione dei redditi di lavoro dipendente. Anche per i compensi degli amministratori che costituiscono redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, trovano quindi applicazione, alle condizioni richieste, le disposizioni di cui all'articolo 51 del Tuir, ivi compreso il regime di non imponibilità previsto dal comma 2 del medesimo articolo".
È però necessario che si evitino la concessione di erogazioni che portino vantaggi ad alcuni e ben individuati lavoratori (ad personam) in esenzione totale o parziale da imposte.
Aziende a conduzione familiare
Nelle aziende a conduzione familiare, gestite sia in forma individuale che societaria, l'imprenditore richiede sovente di dedurre costi che non sempre sono inerenti all'attività aziendale. Un esempio è quando viene chiesto all'assicuratore di sottoscrivere le polizze e pagare i relativi premi utilizzando le risorse dell'azienda stessa anche quando i beneficiari sono le persone fisiche che conducono l'azienda in qualità di amministratori e/o dipendenti.
Si ricorda che nei contratti di assicurazione figurano i seguenti soggetti:
– contraente, stipula il contratto di assicurazione e versa i relativi premi;
– assicurato, la persona fisica su cui ricade il rischio;
– beneficiario, designato dal contraente quale destinatario delle somme assicurate al verificarsi dell’evento assicurato.
Iniziamo a distinguere tra l'ipotesi in cui l'assicurato sia un soggetto che ricopre o meno una posizione all'interno dell'azienda, per verificare se è stato rispettato il principio di inerenza, secondo cui, a norma dell'art. 109, co. 5 del D.P.R. n. 917/1986, i costi e gli altri componenti negativi di reddito “sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito”.
A) PRINCIPIO DI INERENZA NON RISPETTATO.
L'azienda che intende spesare il costo, effettua una mera evasione fiscale, esponendosi ad un rischio fiscale antieconomico in quanto rinuncerebbe alla detrazione o alla deduzione dal reddito delle persone fisiche assicurate.
Per la motivazione sopra indicata si ritiene che le seguenti polizze manchino del principio di inerenza:
- LTC in quanto il percettore non sarà in grado di svolgere le sue mansioni in azienda;
- POLIZZE VITA “CASO MORTE” CON BENEFICIARIO L’AMMINISTRATORE E/O I DIPENDENTI E/O I LORO EREDI;
- POLIZZE SANITARIE E PER INFORTUNI EXTRAPROFESSIONALI, comprese le assicurazioni sanitarie (rischio “malattia” attraverso, ad esempio, il rimborso delle spese mediche, esami diagnostici, degenze ospedaliere ed eventualmente una diaria giornaliera) e le polizze infortuni extraprofessionali che coprono gli eventi accidentali che si verificano al di fuori dal luogo di lavoro.
Per queste polizze i premi in capo all’amministratore e/o al dipendente costituiscono “compenso in natura” (fringe benefit) e come tale vengono assoggettati ad imposizione diretta in “busta paga” mentre per l'azienda i premi sono deducibili in quanto assumono la natura di compenso.
L’indennizzo per l’amministratore e/o i dipendenti e/o i loro eredi non costituisce reddito imponibile ai sensi dell’art. 6 comma 2 del TUIR in quanto sono qualificabili come indennizzi risarcitori di “lucro cessante” (redditi perduti nel caso di LTC e o di morte) e/o di "danno emergente" (infortuni).
Per la PREVIDENZA COMPLEMENTARE si rimanda all'apposito capitolo.
Talvolta l'imprenditore è tentato di pagare con il conto aziendale anche le polizze in cui il principio di inerenza non è rispettato. Solitamente questo desiderio nasce non tanto dal piacere di evadere il fisco, ma dal desiderio di non pagare i premi con il conto personale e/o della famiglia. Questa pratica non ha in realtà alcun tipo di vantaggio reale in quanto, con lo stesso criterio, si potrebbe decidere di spesare il banchetto per l'anniversario di matrimonio.
B) PRINCIPIO DI INERENZA RISPETTATO
Si ricorda che:
- si sta parlando del caso di amministratori e/o dipendenti legati ai titolari dell'azienda familiare (diversamente si dovrà fare riferimento al paragrafo precedente) e che queste due figure vengono assimilate ai fini della presente analisi in quanto il TUIR assimila il reddito percepito dall’amministratore a quello di lavoro dipendente (art. 50, co. 1 del D.P.R. n. 917/1986);
- per il "principio di omnicomprensività” (art. 51, co. 1 e 95, co.1 del D.P.R. n. 917/1986), lo stesso TUIR impone di comprendere nel reddito dell’amministratore e dei dipendenti tutte le somme e valori a qualunque titolo percepiti in relazione alla carica ricoperta e che, tutte le spese sostenute dalla società sia in denaro che in natura, quali le polizze assicurative, sono deducibili;
- sono deducibili in azienda i costi dei premi pagati qualora la copertura del rischio avvenga nell’interesse esclusivo dell'azienda ovvero laddove i premi costituiscano compenso in natura;
- i compensi in natura (cd fringe benefit) non sono altro che un bene o un servizio erogato dall'azienda a favore dell’amministratore e/o dei dipendenti e come tale costituisce una parte della retribuzione soggetta a tassazione.
Nessun problema per le seguenti polizze assicurative, i cui premi sono deducibili e non costituiscono fringe benefit in quanto la stipula dei contratti di assicurazione risponde ad un interesse esclusivo della società:
- RESPONSABILITÀ CIVILE: polizze stipulate a copertura di perdite di carattere patrimoniale derivanti dal risarcimento dai danni causati a terzi dagli amministratori nell’espletamento del proprio mandato.
I rimborsi corrisposti dall’assicurazione all’amministratore non costituiscono per quest’ultimo un arricchimento ma solo un risarcimento del danno patrimoniale subito e come tali non sono tassati in capo all’amministratore.
- INFORTUNI PROFESSIONALI: polizze che coprono gli infortuni che possono verificarsi durante lo svolgimento dell’incarico di amministratore e/o dipendente.
I rimborsi corrisposti dalla Compagnia non costituiscono reddito imponibile nella misura in cui rappresentano risarcimenti per il danno emergente vale a dire in riferimento alle perdite effettivamente subite.
- POLIZZE SULLA VITA “CASO MORTE” CON BENEFICIARIA L'AZIENDA: l'obiettivo è quello di tutelare l’azienda dagli effetti della prematura scomparsa di un “uomo chiave” ed alla necessità di doverlo sostituire così come all'ipotesi di dover liquidare gli eredi nel caso in cui l’amministratore e/o il dipendente fosse anche socio (in particolare qualora si tratti di una società di persone).
Diversamente dai due casi precedenti per l'azienda l’indennizzo assicurativo corrisposto dalla Compagnia costituisce una sopravvenienza attiva imponibile ai fini delle imposte sui redditi.
Talvolta l'imprenditore è tentato di incassare sul conto personale anche i rimborsi assicurativi relativi alle polizze in cui il principio di inerenza avrebbe imposto di incassare i rimborsi sul conto aziendale (pagando le conseguenti imposte). L'evasione si gioca sfruttando il fattore tempo: per anni si è dedotto lecitamente il premio e poi, incassando sul conto personale, ci si dimentica di inserire tra i ricavi aziendali il rimborso.
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Per le polizze infortuni “miste”, che coprono sia dai rischi professionali che da quelli extraprofessionali, è necessario suddividere i premi: per quelli professionali vale quanto già detto mentre per quelli extraprofessionali quanto diremo.
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POLIZZE SULLA VITA “CASO VITA” O “DI ACCUMULO” non dovrebbero essere classificabili come assicurazioni in quanto non c’è un rischio contro cui ci si assicura ma trattasi di una forma di investimento. Non andrebbero mai sottoscritti.
Qualora il beneficiario sia l'amministratore e/o il dipendente e/o i loro eredi i premi assicurativi costituiscono “compenso in natura” (fringe benefit) e come tale viene assoggettato ad imposizione diretta in “busta paga” mentre per l'azienda sono deducibili in quanto assumono la natura di compenso. Al momento del rimborso del capitale i beneficiari vengono assoggettati ad imposta sostitutiva sulla parte della plusvalenza realizzata (differenza tra l’importo lordo liquidabile al cliente e la somma dei premi pagati).
Qualora il beneficiario sia l'azienda i premi assicurativi rappresentano un investimento di liquidità e sono iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale. Al momento del rimborso maturerà un provento finanziario imponibile ai fini delle imposte sui redditi.
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Di seguito si prova a riconsiderare il problema partendo non più dal tipo di polizza ma dalla forma giuridica dell'azienda e dal suo regime fiscale.
1 - DITTA INDIVIDUALE IN REGIME FORFETTARIO
Nessuna possibilità di spesare il costo dal reddito d'impresa o dal lavoro autonomo. Il premio pagato può essere detratto nella dichiarazione personale solo in presenza di altri redditi soggetti a tassazione ordinaria, come pensioni, redditi da lavoro dipendente, redditi derivanti dalla locazione di immobili e redditi di capitale (esclusi - appunto - i redditi di lavoro autonomo e di impresa in regime forfettario).
2 - DITTA INDIVIDUALE IN REGIME SEMPLIFICATO O ORDINARIO + SOCIETA' DI PERSONE E SOCIETA' DI CAPITALI
In tutti questi casi sia i premi versati che i rimborsi figurano sugli estratti conto bancario e, pertanto, chi desidera fare il furbo corre il rischio di un accertamento.
- Direzione regionale interpello n. 954-1417/2016: i piani di welfare aziendale sono applicabili anche agli amministratori in quanto percettori di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente;
- Come ricorda l’Agenzia delle entrate, la Corte di Cassazione ha più volte statuito che “la qualifica di amministratore unico di una società non è compatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società, non potendo ricorrere in tal caso l’effettivo assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare di altri, che si configura come requisito tipico della subordinazione (Cfr. per tutte Cass. 13009/03);
- Risposta AE n. 522 del 13.12.2019: Nel caso esaminato dall’Agenzia delle entrate , il dubbio verte sulla possibilità di considerare quale categoria omogenea di dipendenti quella costituita dai tre membri del Consiglio di Amministrazione della società, atteso che per lo svolgimento del suddetto incarico un solo componente del Consiglio di Amministrazione percepisce compensi in denaro di cui all'articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del TUIR, mentre gli altri due membri svolgono l'incarico a titolo gratuito. Al riguardo, secondo il Fisco non sussiste il requisito della categoria omogenea di dipendenti dal momento che dei tre amministratori solo uno è retribuito per l'incarico dalla società. Inoltre, la circostanza che i benefit siano corrisposti agli amministratori che non percepiscono alcun compenso per l'incarico svolto, porta a ritenere che gli stessi assolvano una funzione essenzialmente remunerativa e debbano, pertanto, essere assoggettati a tassazione ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del TUIR. Ne consegue che i benefit erogati a tutti i membri del consiglio di amministrazione non possano fruire del regime di esclusione dal reddito.