Ascolta "I tre pilastri" su Spreaker.

1) Il sistema pubblico
Il primo pilastro è pubblico e obbligatorio, eroga la pensione a tutti i lavoratori dopo avere versato i contributi durante la loro vita lavorativa.
Purtroppo l’INPS, che è il principale ente che dovrebbe gestire la tua pensione, si trova in un drammatico “equilibrio finanziario”. Questa espressione è volutamente rassicurante ma nasconde una triste realtà: nelle casse dell’Istituto, gravato da un “super debito”, non c’è nemmeno un euro.
Alla luce di ciò, la speranza che ci vengano restituiti i contributi versati in anni di lavoro è legata al miraggio che i futuri lavoratori ci sovvenzionino secondo il cosiddetto “Schema Ponzi”, un modello economico truffaldino che promette guadagni alle vittime (gli attuali pensionati) a patto che queste reclutino nuovi investitori (gli attuali lavoratori), vittime a loro volta[1].
2) La previdenza complementare collettiva
Il secondo pilastro riguarda i fondi pensione chiusi (detti anche negoziali, gestiti dal sindacato dei lavoratori e dai datori di lavoro). Questi sono fondi dedicati a specifiche categorie professionali, autonome o dipendenti. Non tutti possono accedervi.
La contribuzione complessiva è composta da (Pensione, 2011):
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il tuo contributo, la cui entità è stabilita dagli accordi collettivi; tuttavia, se lo desideri, puoi versare anche un importo maggiore;
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la quota di TFR futuro cioè quello che maturi dal momento in cui aderisci alla forma pensionistica (pari a circa una mensilità per ciascun anno di lavoro);
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il contributo del tuo datore di lavoro.
Puoi scegliere di contribuire utilizzando solo il TFR, ma in questo caso rinunci al contributo del tuo datore.
3) La previdenza complementare individuale
Il terzo pilastro è costituito dalla previdenza complementare individuale, a cui si deve ricorrere quando non si può o non si desidera optare per un fondo pensione chiuso.
In questo caso si aderisce ad un fondo pensione aperto (gestito da una Compagnia di Assicurazione, una Società Intermediazione Mobiliare o una Società Gestione del Risparmio) o ad un Piano Individuale Pensionistico di tipo assicurativo (PIP) [2].
[1] Giancarlo Pagliarini, ex Ministro del Bilancio: “il debito che stiamo trasferendo ai nostri nipoti comprende anche il valore attuale del debito pensionistico. Un signore che ha versato i contributi sociali per tutta la vita e che adesso è in pensione non verserà più niente e incasserà ogni mese la sua pensione. Quindi lui ha un credito. Ma il debito non è contabilizzato da nessuna parte. Pensa a un giovane che comincia a lavorare domani mattina. Ogni mese lui e il suo datore di lavoro verseranno i contributi sociali: ma quei soldi non saranno accantonati per la pensione di quel giovane. Quei soldi serviranno per pagare la pensione dei lavoratori che sono già in pensione. Si paga il debito non contabilizzato. Quando quel giovane andrà in pensione potrà solo sperare che qualcuno lavorerà e gli pagherà la pensione. Il nome ufficiale di questo sistema è ‘sistema ripartizione’ ma il suo vero nome dovrebbe essere ‘sistema del cero alla Madonna’”. Secondo un articolo del Sole 24 Ore del 26 ottobre 2011 “Il super debito pensionistico vale due volte il debito pubblico”. Nella dichiarazione OCSE del 7 giugno 1994 “I valori attuali dei debiti pensionistici sono una parte importante dei debiti pubblici”.
[2] I Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP) sono forme pensionistiche complementari istituite da imprese di assicurazione a cui è possibile aderire solo su base individuale indipendentemente dalla propria situazione lavorativa. I PIP sono realizzati mediante:
- contratti di assicurazione sulla vita di ramo I, nei quali la rivalutazione della posizione individuale è collegata a una o più gestioni interne separate;
- contratti di assicurazione sulla vita di ramo III, nei quali la rivalutazione della posizione individuale è collegata al valore delle quote di uno o più fondi interni detenuti dall’impresa di assicurazione oppure al valore delle quote di OICR (polizze unit linked).
Si può aderire anche se al momento non si svolge alcuna attività lavorativa.
È opportuno segnalare l’esistenza dei cosiddetti “vecchi PIP”, ovvero forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti assicurativi istituiti prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 252/2005 che, non essendosi adeguate al decreto stesso, non possono raccogliere nuove adesioni. I "vecchi PIP" applicavano regole peggiorative ed erano meno trasparenti rispetto ai "nuovi".
Fonte: COVIP